Dal 1 gennaio 2020 gli avvisi di accertamento sui tributi locali sono immediatamente esecutivi, questo è quanto dispone la Legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 792, della legge 160/2019). La norma, renderà un “semplice” avviso di accertamento una vera e propria intimazione di pagamento che dovrà riportare i tempi per i ricorsi e, chiaramente, importi e tributi. Nella forma l’avviso di accertamento conosciuto non cambierà, a cambiare sarà la sua sostanza e la portata di un provvedimento più cogente di quelli emessi finora.
La grande differenza tra gli atti emessi entro il 31 dicembre 2019 e quelli emessi dal 1 gennaio 2020 è nella portata dell’avviso di accertamento e, soprattutto, nell’efficacia del recupero dell’evasione.
La differenza sta nei tempi, ovvero un avviso di accertamento emesso entro il 31 dicembre 2019, oltre ai termini per le istante in autotutela e l’eventuale reclamo-mediazione, perché diventi esecutivo garantendo all’Ente di procedere al recupero coatto delle somme, dovrà essere iscritto a ruolo e inviato all’Agente della Riscossione perché il Comune possa procedere a recuperare le somme con procedure quali fermo amministrativo, ipoteca, pignoramento, etc.. Al contrario, un avviso di accertamento emesso invece dal 1 gennaio 2020, anche concernente tributi riferibili ad anni precedenti non prescritti, consentirà all’Ente, laddove non fossero intervenuti atti precedenti dei contribuenti volti a sospendere l’efficacia esecutiva degli atti, di recupero direttamente le somme a mezzo di pignoramenti, fermo amministrativo o iscrizione di ipoteca. Questa è la grande portata degli avvisi di accertamento esecutivi per i tributi locali.
La novella della legge n. 160/2019 trova applicazione a partire dagli atti emessi dal primo gennaio 2020. La risposta è stata data dal dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia al quesito proposto dagli esperti e dai lettori del Sole 24 Ore nel corso di Telefisco 2020 in ordine a cosa si intenda per “atti emessi”. È pacifico che gli accertamenti spediti entro la fine dell’anno scorso, anche se ricevuti a gennaio di quest’anno, ricadono nella vecchia tipologia di atti. Il Mef chiarisce al riguardo che la stessa regola vale per gli atti già formati e protocollati entro il 31 dicembre 2019, anche se non ancora spediti. Si evita così di costringere i Comuni a rifare atti già completi, redatti secondo le precedenti disposizioni. In concreto, questo significa che i contribuenti continueranno a ricevere avvisi “vecchio stampo” anche nel corso dei primi mesi del 2020.
Questa la principale novità della riforma della riscossione del tributi locali prevista dalla Legge di Bilancio in discussione al Senato che, all’art. 96, comma 9 – lett. a), recita: “l’avviso di accertamento relativo ai tributi degli enti e agli atti finalizzati alla riscossione delle entrate patrimoniali … devono contenere anche l’intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso ovvero entro 60 giorni dalla notifica dell’atto finalizzato alla riscossione delle entrate patrimoniali, all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati, oppure, in caso di tempestiva proposizione del ricorso, l’indicazione dell’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, concernente l’esecuzione delle sanzioni. Gli atti devono altresì recare espressamente l’indicazione che gli stessi costituiscono titolo esecutivo idoneo ad attivare le procedure esecutive e cautelari, nonché l’indicazione del soggetto che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, procederà alla riscossione delle somme richieste, anche ai fini dell’esecuzione forzata …“.
Tale novità che dall’anno prossimo investirà l’attività accertativa dunque, conterrà l’indicazione che, decorsi i termini per ricorrere, lo stesso diverrà ope legis titolo esecutivo, come già accade per la maggior parte dei tributi statali. La medesima regola varrà per l’atto di riscossione delle entrate patrimoniali. Decorsi trenta giorni quindi dalla scadenza del termine per ricorrere ovvero, per le entrate patrimoniali, dai 60 giorni dalla notifica, il carico tributario viene affidato al soggetto incaricato della riscossione. Le attività di recupero coattivo potranno iniziare dopo 60 giorni dalla scadenza del termine ultimo dal pagamento. In pratica, questo significa che il riscossore dovrà attendere ancora 30 giorni dalla ricezione del carico tributario, prima di attivarne la riscossione.
Inoltre se il contribuente propone ricorso, l’affidamento riguarderà l’ammontare del solo tributo, poiché le sanzioni sono riscuotibili solo dopo la sentenza di primo grado. In tale eventualità, non possono essere avviate azioni esecutive per un periodo di 180 giorni. Una delle modifiche apportate in commissione prevede che detto termine sia ridotto a 120 giorni, qualora il riscossore coincida con il soggetto che ha emesso l’accertamento (ad esempio, il Comune). Questa riduzione della moratoria non è tuttavia comprensibile, poiché il periodo di “blocco” ha la sola finalità di consentire al contribuente di chiedere e ottenere la sospensione del pagamento da parte del giudice tributario. Questa esigenza sussiste anche in caso di identità tra «accertatore» e «riscossore».
Nella formulazione originaria era previsto che le modalità di trasmissione del carico tributario sarebbero state stabilite in un decreto delle Finanze. Ora si precisa opportunamente che, nelle more dell’adozione di detto decreto, vi provvede comunque l’ente impositore. Per somme che non superano diecimila euro, le azioni cautelari ed esecutive devono essere precedute dall’invio di un sollecito a pagare gli importi dovuti, entro trenta giorni. Le azioni di recupero sono quindi promosse senza più notificare né cartella né ingiunzione.