Il nuovo canone unico patrimoniale ha una disciplina complessa e anche i chiarimenti del dipartimento delle Finanze aggiungono dubbi e problematiche alla materia. Una disciplina complessa fin dalla definizione del suo presupposto applicativo.
Il nuovo canone è stato suddiviso in due fattispecie: una relativa agli impianti pubblicitari e una relativa all’occupazione del suolo pubblico. Pertanto rispetto all’originaria imposta verrebbe a mancare la fattispecie di occupazioni effettuate su aree private soggette a servitù di pubblico passaggio. Difatti, sia per la Tosap che per la Cosap il legislatore aveva espressamente previsto l’assoggettabilità degli spazi privati, quando, per volontà del proprietario, venivano messi a disposizione di una comunità per soddisfare un’esigenza comune ai membri di questa collettività uti cives.
È così che il dipartimento delle Finanze ha invece ritenuto che il legislatore, nel non richiamare espressamente la cosiddetta servitù di pubblico passaggio uscirebbe dalla soggettività passiva del canone.
Sembra però una lettura azzardata… Da un’analisi giuridica approfondita si può collocare la servitù pubblica nella disciplina dei beni demaniali, art. 825 Codice Civile, il quale espressamente stabilisce che le aree private gravate da servitù siano soggette al regime del demanio pubblico tutte le volte che i diritti stessi sono costituiti per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi. Ovvero, tutte le volte che le cosiddette servitù di uso pubblico, vengono in essere a vantaggio di una collettività indeterminata di persone, debbono sottostare al regime autoritativo previsto per le aree demaniali. La servitù di pubblico passaggio è a tutti gli effetti il diritto reale di godimento spettante alla collettività di transitare liberamente sul bene del privato.
Quindi, potremmo dire che in realtà la nuova fattispecie subisce un’inclusione nella disciplina generale, nella modalità più classica di costituzione della viabilità. Esempio più banale e quotidiano sarebbero i portici delle città, superfici di proprietà privata, destinati ad uso pubblico dove spesso l’illuminazione, la sicurezza e la pulizia sono a carico del Comune, chiamato alla tutela della comunità che circola liberamente in detto spazio. Aree quindi dove diventa ovvia un’attività regolamentata, impossibile quindi ritenere queste aree estranee alla disciplina del Canone Unico Patrimoniale, per di più risulterebbe anche iniquo nei confronti dei diversi operatori economici che operano nel medesimo contesto.