L’applicazione dell’imposta municipale propria (IMU), di cui all’art. 1, commi da 738 a 782 della Legge 27 dicembre 2019 n. 160 sta riscuotendo numerosi dubbi interpretativi in forza del restyling di dicembre, il quale puntava alla semplificazione, incorporando la Tasi sotto il cappello della nuova Imu e cancellando così il paradosso della doppia imposta sullo stesso patrimonio.
Dobbiamo, come detto in premessa, ribadire che il comma 738 della già citata normativa ha abolito, a decorrere dall’anno 2020, l’imposta unica comunale di cui all’art. 1, comma 639, della legge 147/2013 con contestuale eliminazione del tributo TASI, ad eccezione delle disposizioni relative alla TARI. Contestualmente lo stesso comma 738, ha ridisciplinato l’IMU.
Il grande quesito che in questi giorni si sta muovendo negli Uffici tributi è sicuramente quale sia il corretto computo dell’acconto 2020. Il comma 762 prevede che in “sede di prima applicazione dell’imposta, la prima rata da corrispondere è pari alla metà di quanto versato a titolo di IMU e TASI per l’anno 2019.” Da premettere che tale previsione implica che il soggetto passivo dell’IMU corrisponda in sede di acconto la metà dell’importo versato nel 2019, che ai fini della TASI coincideva ovviamente con la sua sola quota.
Questo permette ai comuni di arrivare diretti al 31 luglio, data stabilita per la chiusura del bilancio preventivo e della deliberazione delle delibere senza l’ulteriore complicazione della determinazione delle aliquote, sempre per quanto riguarda l’acconto, avendole già fissate dal Legislatore nella misura del 50% di quanto versato come Imu e Tasi nel 2019.
E’ senz’altro vero che alla generalità del caso che è ciò di cui la Legge è chiamata ad occuparsi, ci sono poi le fattispecie specifiche a cui si è intervenuti per dare dei riferimenti e chiarimenti (Circolare 1_DF Marzo 2020).
Cessione o acquisto dell’immobile. Questo è il primo caso specifico, il Ministero si è occupato di disporre chiarimenti su a) immobile ceduto nel corso del 2019, b) immobile acquistato nel corso del primo semestre 2020 e c) immobili ceduti e acquistati nelle annualità 2019 e 2020.
Destinazione dell’abitazione ad altro uso. d) Immobile tenuto a disposizione o locato nell’anno 2019 che viene destinato ad abitazione principale nell’anno 2020, e) Immobile destinato ad abitazione principale nel 2019 che viene tenuto a disposizione o locato nell’anno 2020 e f) Immobili che nel 2020 subiscono un cambio di destinazione rispetto al 2019.
Altre fattispecie particolari. g) Fabbricati rurali strumentali (comma 750) e fabbricati merce (comma 751) e h) Immobile per il quale nel 2020 è mutata la quota di possesso.
Detto questo, dobbiamo però ricordare che l’articolo non si occupa solo dell’acconto, pertanto, tolto l’onere di saldare lo stesso entro il 16 giugno, resta ferma la facoltà del contribuente di provvedere al versamento dell’imposta complessivamente dovuta in un’unica soluzione annuale, da corrispondere sempre entro il 16 giugno. Sempre la norma dispone che il versamento della prima rata, che dobbiamo far ricomprendere in questa ovviamente anche quella complessiva saldata al 16 giugno, e’ pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente.
Tanto che continua poi la disposizione “Il versamento della rata a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno è eseguito, a conguaglio, sulla base delle aliquote risultanti dal prospetto delle aliquote di cui al comma 757 pubblicato ai sensi del comma 767 nel sito internet del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, alla data del 28 ottobre di ciascun anno.”
In tutto questo, ricordiamo che il Dl Rilancio con l’art 177 ha esonerato gli immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali, nonchè immobili degli stabilimenti termali e immobili rientranti nella categoria catastale D/2 e immobili degli agriturismo, dei villaggi turistici, degli ostelli della gioventù, dei rifugi di montagna, delle colonie marine e montane, degli affittacamere per brevi soggiorni, delle case e appartamenti per vacanze, dei bed & breakfast, dei residence e dei campeggi, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate dal versare la prima rata. Ma, in base a quanto sopra descritto e quanto la nuova normativa dell’IMU ha riformulato la sua disciplina, la prima rata è pari al 50% di quanto versato l’anno scorso: per cui se un albergo è nato nel 2019 lo sconto si assottiglia e così la prima rata cancellata è pari a un mese e mezzo di imposta e non a sei mesi. Ancora di più se l’albergo è stato acquistato a inizio 2020, lo sconto è addirittura pari a zero. Ed è evidente che questo meccanismo incide sui calcoli di tutti gli acconti di chi ha acquistato l’immobile nel corso del 2019.
Inoltre, secondo l’Ifel, i Comuni possono mantenere la scelta di spostare la scadenza del 16 giugno, anche se in questo modo, naturalmente, si espongono al rischio di vedersi impugnare davanti al Tar la delibera da parte del ministero dell’Economia, che nella risoluzione 5/2020 (in risposta alla nota Ifel di due settimane fa) ha escluso questa possibilità. L’indicazione arrivata dall’IFEL conuna nota pubblicata riscrive un nuovo capitolo nella querelle sull’imposta che in questi giorni ha infiammato il panorama dei tributi locali in vista della prossima scadenza.
Difatti, per semplificare, il governo, a otto giorni dalla scadenza, nella risoluzione 5/2020 delle Finanze ha negato la possibilità di intervenire sull’Imu dovuta allo Stato perché «per natura è interamente sottratta» al raggio d’azione dell’autonomia tributaria locale. L’Ifel di contro, prima che lo stesso si esprimesse, nelle istruzioni, aveva consigliato un impiego selettivo dell’autonomia richiamata successivamente dal Governo, riservando il rinvio alle categorie più colpite dalla crisi.