
al meccanismo pensato dai ministeri dell’Economia e dell’Interno nel 2009 per alleggerire le compensazioni riconosciute ai Comuni in seguito al cambio delle regole sul valore imponibile dei capannoni industriali.
A definire i valori e gli obblighi di rimborso sono due sentenze la 698/2016 del Tribunale di Bologna e la 719/2016 di quello di Modena che hanno definito come illegittimo l’espediente messo in campo dal Governo nel 2009 per alleggerire il peso dei conti locali sulla finanza pubblica.
Il meccanismo ha funzionato per qualche anno fino a che, nel 2009, è stata chiesta agli enti locali una verifica del dare-avere, a cui è stato applicato un cambio di criterio piccolo all’apparenza ma significativo nei risultati: in pratica, il Governo decise si calcolare presupposti dei rimborsi sulla base delle variazioni di gettito registrate in ogni singolo anno, e non in tutto il periodo, con il risultato di escludere molti Comuni dagli indennizzi. Con questo sistema, se in un Comune le variazioni di rendita sono avvenute per esempio in due anni, dal terzo anno i rimborsi si sono azzerati, anche se naturalmente la perdita di gettito è continuata perché l’Ici (ora Imu-Tasi) si paga tutti gli anni.
Proprio su questo disallineamento fra la ratio della norma, nata per compensare i Comuni degli effetti finanziari prodotti dalle variazioni di rendita, e la sua applicazione, che non garantisce il risultato, poggiano le due sentenze emiliane, all’interno di un contenzioso che ovviamente ha repliche in tutta Italia.