La Cassazione nell’anno 2017 ha sostenuto dapprima la tesi per la quale le società agricole titolari della qualifica di IAP sono destinatarie delle agevolazioni ICI, per poi a settembre i giudici di legittimità fare marcia indietro: l’agevolazione è determinata da una previsione di carattere speciale.
L’agevolazione di cui si tratta è relativa a quella menzionata dal D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 9 riservavano ai terreni posseduti da imprenditori agricoli e coltivatori diretti. Avvalorando al tesi che in tema di ICI le agevolazioni previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9 per gli “imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale”, trovano applicazione anche a favore delle società (nella specie una s.a.s.), aventi qualifica di imprenditore agricolo professionale.
Non solo, il D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 2 ha parificato il trattamento fiscale tra persona fisica con qualifica di coltivatore diretto e società con qualifica di imprenditore agricolo professionale, solo con riferimento alle imposte indirette e alla materia creditizia. Ne consegue che tale parificazione non può riguardare l’ICI, non potendo essere concessa al di fuori dei casi espressamente previsti dalla norma, e ciò perché la previsione del beneficio oggetto della lite costituisce una eccezione al regime fiscale ordinario.
Ed invero, la Suprema Corte ha affermato (ex multis Cass. n. 14145 del 2009, n. 5931 del 2010, n. 9770 del 2010, n. 14734 del 2014) che: “In tema di ICI, le agevolazioni previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9 per gli imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale, si applicano unicamente agli imprenditori agricoli individuali e non anche alle società di capitali che svolgono attività agricola, non rientrando queste ultime nella definizione di imprenditore agricolo a titolo principale risultante dalla L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12 (attuativa delle direttive CE nn. 72/159, 72/160, 72/161 del Consiglio del 17 aprile 1972) …”. Il principio è stato ribadito anche con riferimento alle società cooperative a responsabilità limitata che svolgono attività agricola, “non rientrando queste ultime nella definizione di imprenditore agricolo a titolo principale risultante dalla stessa Legge 9 maggio 1975, n. 153, art. 12 (attuativa delle direttive CEE n. 72/159, 72/160 e 72/161 del Consiglio del 17 aprile 1972) e, considerato che la limitazione agli imprenditori agricoli individuali è stata successivamente ribadita ed, anzi, ulteriormente ristretta dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 58, comma 2, mediante la previsione della necessaria iscrizione delle persone fisiche negli appositi elenchi comunali” (Cass. n. 14734 del 2014, Cass. n. 14145 del 2009). A proposito del requisito soggettivo necessario ai fini del riconoscimento della connotazione agricola del fondo, nell’ottica della predetta disciplina, va posto in evidenza che la L. n. 153 del 1975, art. 12 (nella lettera risultante a seguito della modifica introdotta dal D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10 ) prevede che: “Le società sono considerate imprenditori agricoli a titolo principale qualora lo statuto prevede quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo dell’attività agricola, ed inoltre nel caso di società di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale.
In conclusione la Corte di cassazione chiude l’anno 2017, con l’ordinanza 22484 del 27 settembre 2017 smentendo quanto affermato con l’ordinanza 375/2017, sostenendo che le società agricole non possono fruire dei benefici fiscali per l’Ici, perché la normativa speciale che disciplina questo tributo impedisce che possa essere applicato lo stesso trattamento che il regime fiscale ordinario riserva ad altre imposte, facendo rientrare le società, in qualsiasi forma costituite, nella nozione giuridica di imprenditori agricoli professionali (Iap).