Tra i settori in crisi in questo periodo c’è sicuramente quello delle società private che operano nella gestione delle entrate locali, che in circa 6.000 Comuni, gestiscono contratti che possono riguardare tutte o solo alcune entrate tributarie o patrimoniali.
Il Dl Anticrisi (ora Rilancio) con le misure di sostegno e di rilancio del Paese a seguito dell’emergenza Covid-19 aveva previsto fin o alla stesura in bozza, la rinegoziazione dei contratti che i Comuni hanno per le attività in affidamento di accertamento e riscossione delle entrate locali ai concessionari privati, prevedendone una maggiore durata o ampliando il raggio dei servizi affidati.
Tali contratti sono stati investiti, o meglio sarebbe dire travolti, dalle disposizioni di sospensione e proroga dei termini emanate nell’ambito dell’emergenza epidemiologica, per cui è inevitabile una significativa riduzione del gettito delle entrate con riferimento all’intero 2020 per ciò che riguarda il bacino dei recuperi da attività di controllo.
Questi aspetti non possono non incidere, ovviamente negativamente, sulle condizioni economiche previste dai contratti (aggio o minimo garantito) e quindi sul fatturato stesso delle aziende e sulle loro condizioni di sostenibilità, come evidenziato anche dall’Anacap (associazione nazionale aziende concessionarie servizi entrate locali) con una nota del 28 marzo scorso inviata al ministero dell’Economia e delle Finanze, al ministero degli Affari Regionali e alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato.
Il Dl anticrisi, come sopra detto, mediante tale manovra, avrebbe dovuto prevedere e assicurare un giusto riconoscimento per le società del settore, garantendo così non solo migliaia di posti di lavoro ma soprattutto assicurare la ripresa delle attività. Attività che tengono il sistema fiscale, evitando il blocco di un settore che ricordiamo è il “polmone” degli enti locali. Molti comuni infatti affidano e si affiancano nelle loro operazioni quotidiani a suddetti professionisti e società di settore che operano all’interno della Pubblica Amministrazione offrendo ausilio e supporto a funzionari, dirigenti e operatori ad ogni livello, che oggi più che mai avranno necessario bisogno di tali figure.
Nel dettaglio la disposizione del Dl anticrisi in analisi riguardava le attività affidate in concessione alle società private iscritte all’albo ministeriale, ma non anche le attività di supporto e propedeutiche effettuate da società non iscritte all’albo ma che dovranno iscriversi entro la fine dell’anno in una sezione speciale, di recente istituzione.
Era prevista una duplice possibilità di rinegoziazione:
1) prolungare la durata del contratto, comunque non oltre il 31 dicembre 2023;
2) ampliare il perimetro dei servizi affidati, comunque non superiore a un valore di affidamento pari a un terzo del valore oggetto del contratto in essere.
Infine, il Dl anticrisi stabiliva che la rinegoziazione andava effettuata in deroga alle disposizioni del codice dei contratti pubblici (Dlgs 50/2016) che consente di prorogare i contratti solo in casi eccezionali, cioè se la proroga è già prevista nel bando originario oppure per garantire la continuità del servizio in attesa di concludere la procedura di gara (proroga “tecnica”).
La manovra perde quindi la norma che avrebbe permesso tale rimodulazione dei contratti ai concessionari privati che sono alle prese con una crescente crisi di liquidità dovuta al fatto che la riscossione è praticamente in blocco. L’Anacap, scrive, al ministro dell’economia che senza una risposta immediata, le società si dicono pronte a riconsegnare tutti i dossier ai Comuni, per «sopravvenuta impossibilità» di rispettare gli impegni. Il problema a questo punto diventa davvero doveroso di attenzione per i numeri di persone coinvolte e per il settore di riferimento.