La ripresa dell’attività degli Agenti della riscossione slitta al 1° gennaio 2021, fatte salve ulteriori proroghe.
Il Governo con un decreto legge approvato nella seduta del Consiglio dei Ministri del 18 Ottobre 2020 ha previsto un’ulteriore sospensione dell’attività della riscossione. Il termine era scaduto il 15 ottobre e in sede di conversione in legge del decreto Agosto non erano state accolte le richieste giunte da più parti di concedere ancora un periodo di “pace fiscale”.
Nel dettaglio si parte con il rinvio al 31 dicembre 2020 della sospensione dei versamenti delle cartelle, nonché dagli avvisi esecutivi relativi alle entrate tributarie e scaduti a partire dall’8 marzo 2020 o dal 21 febbraio 2020 per i debitori che hanno la residenza o la sede operativa nei Comuni della ex “zona rossa”.
Con lo stesso decreto slitta a fine anno la possibilità di beneficiare così del bonus di 10 rate non pagate (di regola sono 5), anche non consecutive, prima di decadere dalla dilazione dei pagamenti accordata dall’agente pubblico della riscossione. Unica condizione posta per il bonus è presentare richiesta di rateizzazione delle somme iscritte a ruolo entro il nuovo termine del 31 dicembre 2020.
In stand by anche i versamenti delle cartelle notificate prima dell’8 marzo: sia per chi ha scelto le rate sia per chi ha scelto la soluzione unica bisognerà recuperare tutti gli arretrati entro il 31 gennaio 2021, ossia entro la fine del mese successivo al termine della moratoria.
Due mesi e mezzo in più anche per la sospensione dei pignoramenti presso terzi. Il decreto legge, infatti, differisce al 31 dicembre 2020 la sospensione degli obblighi di accantonamento per bloccare presso i datori di lavoro o gli enti di previdenza le somme dovute per stipendi, salari o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a licenziamenti, nonché le somme dovute a titolo di pensione, indennità o di assegni di quiescenza.
L’ulteriore estensione della moratoria fino al termine dell’anno porta con sé il congelamento anche delle misure cautelari. Niente avvio, quindi, di fermi amministrativi, né iscrizioni di ipoteche a tutela dei crediti da recuperare.
Per la nuova sospensione concessa il Fisco si prende un anno in più per notificare gli atti. Il decreto, infatti, prevede che, in deroga allo Statuto del contribuente, slittano di 12 mesi i termini di decadenza e prescrizione in scadenza nell’anno 2021 per la notifica delle cartelle di pagamento. Viene anche precisato che, per i termini di decadenza e prescrizione in scadenza nell’anno 2020 per la notifica delle cartelle di pagamento in tutta l’area del Paese, la proroga di questi termini è al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione, ossia al 31 dicembre 2022 (articolo 12, comma 2, del Dlgs 159/2015).
Pertanto, i versamenti oggetto di sospensione devono essere effettuati, in unica soluzione, entro il 31 gennaio 2021. Sin qui, si tratta di doverose norme per tutelare i contribuenti, specie quelli che sono più colpiti dalla crisi, quali il comparto della ristorazione e dell’intrattenimento.
Però, il nuovo decreto ha stabilito che con riferimento ai carichi, relativi alle entrate tributarie e non tributarie, affidati all’agente della riscossione durante il periodo di sospensione è prorogato di 12 mesi anche il termine per la perdita del diritto al discarico (art. 19, comma 2, lettera a, D.Lgs. n. 112/1999).
Pertanto, se da un lato i contribuenti godono di una “mini” sospensione fino a fine anno della possibilità di vedersi notificare atti da parte del Fisco, dall’altro quest’ultimo si concede un anno in più per poter notificare gli atti del 2021 e ben due anni in più per quelli del 2020. Non è la prima volta che si tenta di utilizzare pro-Fisco l’art. 12 citato e, così come accaduto recentemente in altre occasioni (l’ultima delle quali si è verificata con l’art. 67 del decreto Cura Italia, laddove era prevista la sospensione dell’operato degli Uffici dell’Amministrazione finanziaria) si spera che, se il testo dovesse essere confermato, almeno si riesca a correggere questa stortura durante l’iter di conversione in legge.